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Delfini

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20/06/2012

Per quest'estate dovremo accontentarci di vederli nuotare lungo le scie dei traghetti. Presto, però, tra noi e i delfini potrebbe instaurarsi una forma di comunicazione più articolata. Denise Herzing, biologa e fondatrice del Wild Dolphin Project di Jupiter (Usa), e Thad Starner, esperto di intelligenza artificiale al Georgia Institute of Technology di Atlanta (Usa), hanno sviluppato un software che in futuro potrebbe permettere a uomini e delfini di dialogare utilizzando il linguaggio naturale dei cetacei. Il traduttore subacqueo si chiama Chat ("Cetacean hearing and tele- metry", ma "to chat" significa an- che "chiacchierare"), è composto da un piccolo computer protetto da un involucro a tenuta stagna e da 2 idrofoni, microfoni acquatici capaci di captare l'intera gamma dei suoni emessi dai delfini, che possono raggiungere frequenze di 200 kilohertz, 10 volte superiori a quelle percepibili dall'uomo.

 

Conversazioni subacquee.

Un ricercatore si immergerà tra i cetacei con il pc legato al petto, una periferica portatile per selezionare i suoni e una maschera munita di led luminosi che si accenderanno per indicare la provenienza dei singoli versi (in modo da identificare l'esemplare che ha "parlato"). Il sub farà ascoltare ai delfini otto suoni creati in laboratorio, corrispondenti ad azioni come "gioca con un'alga" o "segui la scia della barca" , e attenderà che gli animali li imitino. A quel punto, il software registrerà quei versi e li analizzerà per carpirne le unità base (come, per esempio, una serie di fischi o "clìck" ripetuti), che saranno quindi utilizzate per creare suoni sintetici simili a quelli naturalmente emessi dai delfini e più appetibili per i cetacei rispetto a parole e simboli umani. Associando i nuovi suoni a determinate azioni potrebbe aprirsi una via privilegiata di comunicazione con questi animali. Il progetto sarà sperimentato a partire da quest'anno in Florida su esemplari di stenella maculata atlantica (Stenella frontalis).

lo parlo, tu esegui.

Tentativi di I dialogo con i delfini basati sull'utilizzo di immagini e suoni sono già stati fatti in passato. Negli anni '90 Louis Herman, del Kewalo Basin Marine Mammal Laboratory di Honolulu (Hawaii), scoprì che i delfini tursiopi (Tursiops truncatus) riescono a memorizzare il significato di oltre 100 vocaboli diversi e a rispondere correttamente a comandi in cui le stesse parole compaiono in ordine invertito, come "porta l'uomo alla tavola da surf" o "porta la tavola da surf all'uomo". Finora, però, la comunicazione uomo-del-fino è stata per lo più unidirezionale: «Si crea un sistema e ci si aspetta che il delfino lo impari» spiega per archiviare Denise Herzing, tra le massime del linguaggio di questi animali  «ma così facendo i delfini non sono incoraggiati a utilizzare lo stesso sistema per fare richieste agli uomini». Usando i versi dei cetacei come tassello fondamentale, il sistema Chat potrebbe consentire ai cetacei di "risponderei".

 

A ciascuno Il proprio verso.

Per comunicare tra loro, i tursiopi, i delfini più studiati e diffusi nei delfinari, utilizzano tre tipologie di suoni: i click, ad alta frequenza (100-160 kHz), usati per individuare prede e ostacoli; i burst pulse sound, emessi all'interno di una vasta gamma di frequenze (200 Hz-16 kHz) e simili al cigolio di una porta, usati sia per l'esplorazione acquatica, sia per gli scambi comunicativi; i whistle, o fischi, di frequenza compresa tra 5 e 30 kHz, tipici della comunicazione verbale. Ogni esemplare emette un fischio specifico e unico, chiamato "fischio firma", che lo caratterizza come se fosse un nome proprio. Questo richiamo è utilizzato più spesso dai delfini selvatici che da quelli in cattività, forse perché in mare aperto ci sono maggiori possibilità di perdersi di vista rispetto alla vasca di un delfinario. »


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